La connettività internazionale della rete internet ed il ruolo strategico del Mediterraneo

I cavi sottomarini in fibra ottica

Le dorsali in fibra ottica che collegano i continenti: da New York a Singapore, via Marsiglia. Evoluzioni e vulnerabilità della rete internet globale

Dario Centofanti
L O G I N
Published in
10 min readApr 27, 2017

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Dati mappa: Google

I cavi sottomarini sono il mezzo più economico, affidabile e performante per le connessioni a lunga distanza. Internet, a differenze di quanto si possa immaginare, non viaggia via satellite ma su cavi in fibra ottica che transitano sotto i mari e gli oceani tra i vari continenti. Le trasmissioni via satellite sono ottime per le attività asincrone o mono-direzionali — quali ad esempio il broadcast televisivo o la geolocalizzazione — ma sono molto poco adatte alle performance bidirezionali richieste dal protocollo TCP/IP su cui si basa il funzionamento di internet. Le ragioni sono da ricercare nella natura stessa del mezzo trasmissivo.

Facciamo un esempio. Un satellite geostazionario si trova in orbita a 36.000 km dal suolo dell’equatore. Il segnale radio — che viaggia alla velocità della luce — deve compiere un doppio tragitto di andata e ritorno dal satellite per complessivi 72.000 chilometri. Questo introduce una latenza nella trasmissione dei dati non inferiore ai 300 ms. Un valore questo che — se pur trascurabile in una trasmissione radiofonica o televisiva — non è ammissibile per molte applicazioni sincrone che viaggiano su internet. Inoltre la capacità di banda di un satellite è circoscritta dallo spettro radioelettrico e nella migliore delle ipotesi non supera 1 Gbit/sec.

Di contro prendiamo ad esempio il più lungo cavo sottomarino al momento in uso: l’Asia-America Gateway (AAG) che parte dalla California ed arriva a Singapore passando per le Filippine, Hong Kong e Malesia. Con i suoi più di 20.000 chilometri di lunghezza introduce una latenza inferiore agli 80 ms ed è in grado di veicolare più di 2 Tbit/sec. Ci vorrebbero quindi circa duemila satelliti geostazionari per effettuare questo stesso collegamento, con tempi di latenza che sarebbero comunque superiori almeno di quattro volte rispetto alle fibre ottiche.

Questa è la ragione per cui più del 99% delle interconnessioni transoceaniche avviene oggi attraverso cavi sottomarini. Un paesaggio sommerso sotto gli oceani in continua trasformazione — sia qualitativa che quantitativa — che merita di essere analizzato per comprendere anche i limiti e le vulnerabilità di questa spina dorsale dell’economia digitale.

I cavi subacquei in fibra ottica

Attualmente i cavi sottomarini a livello globale sono circa 430 per un totale complessivo di più di 1 milione di chilometri di cavo attualmente in servizio. A questi si aggiungono un numero imprecisato di altri cavi ad uso governativo e militare di cui non si hanno dettagli in quanto classificati e secretati. Il sito Submarine Cable Map mantiene aggiornata una mappa che traccia i principali cavi tra le varie landing stations.

Un tempo la realizzazione delle dorsali sottomarine transoceaniche era una attività ad esclusivo appannaggio delle compagnie telefoniche e degli operatori di telecomunicazioni che — spesso consorziati tra di loro — investivano in questa attività per poi rivendere capacità di banda agli operatori di internet (carrier e grandi ISP). Nel corso degli anni questo scenario si è profondamente modificato e i grandi player dei contenuti OTT stanno assumendo un ruolo sempre più attivo in questo settore. Aziende come Google, Facebook, Microsoft e Amazon hanno sempre più bisogno di connettere con reti proprietarie i propri data center sparsi per il globo e sono oggi diventate tra i principali attori coinvolti nella realizzazione dei nuovi progetti di interconnessione tra i diversi continenti.

Le ragioni di questi investimenti sono comunque molteplici e coinvolgono diversi attori, spesso privati ma a volte anche statali. In alcuni casi emerge il bisogno di trovare vie alternative per ridurre la dipendenza della rete da un determinato luogo, in altri casi prevalgono altre considerazioni più strategiche e geopolitiche. E’ il caso del nuovo collegamento EllaLink tra America Latina e Portogallo, secondo alcuni fortemente voluto dal Brasile per raggiungere l’Europa e il Medio Oriente senza transitare dagli Stati Uniti dopo le rivelazioni di Edward Snowden sui programmi di sorveglianza di massa dell’NSA (Datagate).

EllaLink — Dati mappa: Google, INEGI, ORION-ME

Dal punto di vista geografico, geopolitico ed economico, c’è comunque un luogo al mondo che rimane strategico e potrebbe diventarlo sempre di più: il Mediterraneo. La rotta preferita per collegare l’Estremo Oriente agli Stati Uniti passa infatti per l’Europa attraverso il canale di Suez, la Sicilia, Marsiglia e poi prosegue via terra fino alla Bretagna o alla Cornovaglia da dove partono i cavi transoceanici per il nord America.

Nonostante ci troviamo all’interno del Mediterraneo in una posizione geografica strategica e privilegiata — come spesso viene sottolineato anche per motivare le rotte dell’immigrazione clandestina — il ruolo dell’Italia nello scenario delle rotte di collegamento alla rete internet è invece alquanto marginale. Questo a causa della scarsa lungimiranza dei nostri carrier nazionali — ma anche dei nostri governanti — che non hanno saputo cogliere l’opportunità di valorizzare questo vantaggio strategico. Su questo aspetto torneremo comunque in dettaglio più avanti.

Google e il progetto INDIGO

INDIGO è un progetto annunciato da Google nelle scorse settimane finalizzato alla posa di un nuovo cavo sottomarino a fibre ottiche dedicato all’ampliamento della connettività internet nel sud-est asiatico tra le città di Sydney e Perth in Australia (INDIGO-WEST), Giacarta in Indonesia e Singapore (INDIGO-CENTRAL).

Questa regione sta facendo registrare un elevato tasso di sviluppo tecnologico con una crescita del consumo di dati del 70% nel corso dell’ultimo anno” ha dichiarato David Burns del Gruppo Telstra (Telecom Australia), partner del consorzio di sviluppo di INDIGO insieme a Google, AARNet (il GARR australiano), Indosat, SingTel, SubPartners ed altri operatori asiatici.

Google già nel Settembre 2011 aveva annunciato di aver acquisito 2,45 ettari di terreno nella Jurong West a Singapore con l’intenzione di costruire il suo primo data center nel sud-est asiatico. L’impianto, entrato in funzione nel Dicembre 2013, rappresenta oggi — secondo Google — una combinazione ideale di una infrastruttura affidabile, una forza lavoro qualificata e una regolamentazione legislativa chiara e trasparente, ideale per nuove opportunità di business.

Il sud-est asiatico è per Google una ottima opportunità per rafforzare la sua posizione a livello globale, anche in previsione della prossima apertura a Sydney del suo primo data center australiano che sarà servito anche dalla nuova connettività offerta da INDIGO.

La costruzione di INDIGO sarà curata da Alcatel-Lucent Submarine Networks (una divisione di Nokia). Sarà lungo circa 9.000 chilometri ed avrà una capacità nominale di 18 Tbit/sec. L’attivazione è prevista per la metà del 2019. Questo per Google sarà l’ottavo cavo sottomarino a livello globale ed il quinto nella regione insieme a FASTER, Junior, Monet, Pacific Light Cable Network (PLCN), Southeast Asia Japan Cable (SJC), Tannat e Unity.

Facebook e Microsoft: MAREA

Nel maggio 2016 Facebook e Microsoft hanno congiuntamente annunciato la nascita del consorzio MAREA che — con la spagnola Telxius — sta allestendo il cavo sottomarino transoceanico con la più alta capacità di traffico mai realizzato. In fase di progettazione si è stimato che MAREA potrà veicolare fino a 160 Tbit/sec con una latenza di poco superiore ai 20 ms. Questo cavo da 6.600 chilometri metterà in collegamento entro il 2018 la costa orientale degli Stati Uniti con l’Europa meridionale: dalla Virginia a Bilbao in Spagna. Questa nuova rotta fornirà all’Europa una maggiore varietà di connessioni ed è stata scelta da Microsoft e Facebook per diversificare le tratte abituali già presenti dal nord degli Stati Uniti verso Inghilterra, Irlanda e Francia.

MAREA — Dati mappa: Google

Altri progetti analoghi sono già stati completati o sono in corso di realizzazione con il contributo degli OTT, tra questi: Asia Pacific Gateway (APG), Pacific Light Cable Network (PLCN), AEConnect, New Cross Pacific (NCP) Cable System.

Le vulnerabilità di questa tecnologia

Secondo il rapporto “The Reliability of Global Undersea Communications Cable Infrastructure” (ROGUCCI) pubblicato nel 2010 dall’IEEE vi è la necessità di migliorare l’affidabilità, la robustezza, la resilienza e la sicurezza delle comunicazioni sottomarine nel mondo.

Karl Rauscher, l’autore di questa ricerca, sostiene che il livello di affidabilità delle reti di cavi sottomarini non è appropriato al livello di dipendenza che l’economia globale ha sviluppato nei confronti di internet. La crescente dipendenza della nostra società dalle comunicazioni globali significa anche più esposizione al rischio e la minaccia evidenziata nel rapporto di Rauscher va ben oltre l’incidente occasionale di un peschereccio che per errore trancia un singolo cavo, come avvenuto ad esempio lo scorso Dicembre 2016 al collegamento tra Milazzo e le Isole Eolie.

Uno degli scenari più delicati attiene invece la sicurezza nazionale e riguarda il danno intenzionale che questi cavi possono subire da attività di pirateria, sabotaggio o di terrorismo internazionale. Questo comporterebbe una paralisi economica le cui ricadute sarebbero traumatiche per qualsiasi nazione.

Un ulteriore aspetto che merita attenzione è stato rivelato nel 2015 dal The New York Times secondo il quale diversi sottomarini e navi-spia russe hanno incrociato per mesi nei pressi delle principali dorsali transoceaniche al fine di mappare con precisione il percorso di ogni singolo cavo. Questo ha sollevato diverse preoccupazioni negli ambienti militari e dell’intelligence statunitense secondo i quali questa potrebbe essere una attività svolta dai russi al fine di pianificare l’interruzione delle dorsali di internet in futuri momenti di tensione internazionale o di conflitto.

Indipendentemente dalle considerazioni degli analisti militari è comunque un chiaro segnale che il Department of Homeland Security americano elenca le landing station — presenti principalmente intorno alle città di New York, Miami e Los Angeles — in cima alla sua lista di infrastrutture critiche e strategiche per la sicurezza nazionale. E’ così anche in Italia?

La situazione in Italia

Come abbiamo visto la rotta preferita per collegare il Nord Africa, il Medio e l’Estremo Oriente all’Europa e agli Stati Uniti transita per il Mediterraneo. A dispetto della sua posizione geografica privilegiata, l’Italia gioca però un ruolo insignificante in questo settore. Basta guardare le mappe di Submarine Cable Map per comprendere invece le potenzialità che la Sicilia avrebbe potuto avere come HUB internazionale nello sviluppo delle reti sottomarine nel Mediterraneo.

Dati mappa: Google, GeoBasis-DE/BKG, ORION-ME

Prendiamo ad esempio il SEA-ME-WE5 che è uno dei recenti collegamenti realizzati nel Mediterraneo e gestito da un consorzio internazionale che include anche l’italiana Telecom Sparkle (Telecom Italia). SEA-ME-WE5 è un’arteria di quasi 20.000 chilometri a 24 Tbit/sec che parte da Singapore e arriva in Sicilia dove — invece di proseguire via terra verso l’Europa Continentale, come sarebbe logico ed auspicabile — si ributta in mare e prosegue il suo percorso fino a Marsiglia dove è stato creato un HUB di approdo per una moltitudine di cavi sottomarini che attraversano tutto il Mediterraneo.

Non far passare il traffico per l’Italia ha significato perdere la possibilità di attrarre gli investimenti delle aziende internazionali che operano nei mercati del Nord Africa o del Medio Oriente ma che, per ragioni di stabilità economica e politica, prediligono mantenere i propri data center all’interno del bacino europeo.

Marsiglia, a differenza della Sicilia, ha saputo cogliere questa opportunità con la creazione di un HUB neutrale, aperto e indipendente. Gli operatori qui hanno la possibilità di affittare connettività da chi vogliono e questo ha innescato un virtuosismo economico che ha reso Marsiglia un luogo molto attraente anche per la creazione di nuovi data center, di nuove infrastrutture e di relativi nuovi posti di lavoro.

In Italia per tentare di recuperare il tempo perduto è stato creato nel 2015 il consorzio Open Hub Med (OHM) che intende emulare l’esperienza di France-IX a Marsiglia, proponendo la sede dell’Italtel di Carini a Palermo come alternativa italiana all’HUB francese. Secondo i progetti iniziali OHM sarebbe dovuto entrare in esercizio in tempi estremamente rapidi già nel 2016 con l’obiettivo di essere la prima sede tecnologica neutrale ed indipendente nel Sud Italia in grado di ospitare operatori, OTT, imprese private e pubblica amministrazione. Il 26 Aprile 2017 è stata ufficialmente annunciata l’attivazione del data center di questa struttura — nata in Sicilia ma governata da Milano — che sul modello multi-stakeholder si pone l’ambizioso obiettivo di modificare nei prossimi anni l’instradamento del traffico dati nel bacino del Mediterraneo.

Conclusioni

A dispetto del ritardo evolutivo che abbiamo finora maturato, in questo settore c’è comunque una eccellenza italiana che merita di essere citata. La Prismian Group, già nota con il nome di “Pirelli Cavi e Sistemi”, che è leader mondiale nel settore della produzione di cavi in fibra ottica. Prismian ha recentemente costruito il cavo subacqueo con la più alta densità di fibre mai realizzato: FlexTube contenente 1.728 fibre ottiche ed è stato installato con successo dal provider australiano Superloop. Fornirà connessione a banda larga tra le aree di Siu Sai Wan nell’isola di Hong Kong e il data center del complesso industriale di Tseung Kwan O (TKO) sul continente.

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Cybersecurity, Data Protection, Business Continuity and Network Management at AS57329 — Canary Islands, Spain. https://popinga.net